Croce Rossa, intervista al volontario Gianfranco Silvestris
Buongiorno Gianfranco, grazie di aver accettato di farti intervistare dal nostro piccolo blog.
Buongiorno Silvia, dopo una notte di turno in Croce Rossa sono decisamente carico per risponderti 😉
Da quando fai il volontario per la croce rossa?
Ho iniziato con il corso per Volontari del Soccorso nell’ormai lontano 1997. L’anno successivo, sono entrato anche nella componente militare e ho lavorato come dipendente presso il Comitato di Codogno per diversi mesi.
Dopo cinque anni mi sono momentaneamente fermato, per motivi familiari, ma mi è rimasto sempre nel cuore l’amore per questa divisa. Sono rientrato, dopo sette anni di stop, ripercorrendo da capo gli step per tornare ad essere un soccorritore certificato della Croce Rossa, essendo ormai cambiati gli standard operativi.
Come nasce questa vocazione?
La voglia di aiutare è sempre stata dentro di me, ma era un po’ frenata dal timore di non riuscire a sopportare scene particolarmente forti. La morte di mio padre è stata il punto di svolta: vedendo l’umanità dei soccorritori che lo portarono all’ospedale, e che lo riportarono a casa senza vita, ho deciso che niente mi avrebbe più bloccato e mi sono iscritto al primo corso utile per diventare un soccorritore.
So che prima facevi il veterinario. Lavorare accanto agli animali ti ha aiutato a prendere coscienza dei problemi del mondo? Oppure ci sono stati altri fattori?
Lavorare con gli animali permette di scoprire un universo in cui la riconoscenza è reale e non interessata: il tuo paziente ti dimostra, in maniera inequivocabile, ogni sua sensazione e la soddisfazione è molto spesso superiore a quella meramente economica.
Di sicuro questo aiuta ad aprire gli occhi su quella parte del mondo che, come un animale ferito, esprime il suo dolore in una lingua che pochi riescono o vogliono comprendere.
Raccontaci come state vivendo l’emergenza covid.
La Croce Rossa Italiana è sempre stata in prima linea sin dall’inizio della pandemia. Prestando servizio presso il Comitato di Codogno, ho potuto vivere in diretta, attraverso il racconto dei Colleghi che hanno dovuto misurarsi con il virus allora totalmente sconosciuto, tutti i momenti più drammatici sia della prima zona rossa sia poi dell’emergenza nazionale. Tuttora il nostro impegno maggiore è quello di riportare le persone colpite dal virus, e in fase di remissione, verso le loro famiglie, nonché di portare supporto proprio a chi ha perso tutto durante e dopo il lockdown.
Non sottovalutiamo il pericolo, utilizziamo sempre e comunque tutti i presidi sanitari prescritti, in primis la mascherina. Conosciamo, anche per averlo provato sulla nostra pelle, quello che il virus può fare.
Ma la nostra, come quella di tutti i nostri colleghi di tutte le Croci, è una guerra aperta e senza tregua che deve terminare con la vittoria degli esseri umani
Che ne pensi dei negazionisti?
Avendo contratto il corona virus, e passato quasi tre mesi rinchiuso per fortuna solo in casa e non in una rianimazione, dopo aver visto amici e colleghi perdere la vita in seguito alle complicazioni, soprattutto nella primissima fase dove le terapie non erano giocoforza ancora state messe a punto, non posso che provare sdegno e rabbia nei confronti di chi non solo nega l’esistenza di questa pandemia, ma mette a rischio la propria e soprattutto la vita altrui con comportamenti che vanno al di fuori non solo delle indicazioni, ma proprio dell’intelligenza. Vedere sui mezzi o in giro per strada persone che non indossano la mascherina o che tengono atteggiamenti che possono mettere a rischio l’incolumità degli altri mi fa veramente pensare che non meritino la libertà di cui godono in un Paese democratico.
So che ami la natura quanto me. Ti manca fare escursioni o anche solo una passeggiata in mezzo ai prati?
Essendo cresciuto in campagna mi sento come un uccello cui abbiano impedito di volare dopo una vita in libertà. La natura sta reagendo in maniera più assennata del genere umano e gli spettacoli che ci offre nei brevi momenti in cui ne possiamo usufruire sono incredibili.
Non vedo l’ora di tornare a passeggiare in montagna, con i miei figli e con i miei amici, per riassaporare tutto come fosse nuovo.
Ma dobbiamo avere pazienza, in fin dei conti la nostra cattività è relativa e la nostra gabbia ha la comodità di un divano e di un buon libro.
Passerà
Grazie per l’opportunità, Silvia.
A presto
Gianfranco
Grazie a te Gianfranco, a nome di tutta la redazione di Over There.
A presto,
Silvia
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